Perché il diavolo ci combatte?
Perché il diavolo ci combatte?
[…] Dio permette al diavolo di opporsi a noi. Anche questo è vero: Dio permette che siamo tentati. Tuttavia, Egli non vuole né desidera che siamo in guerra. «Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"» (Giac. 1,13), ammonisce il divino Giacomo, «perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno» (v. 14). Dunque, ognuno di noi è tentato o dalla propria volontà o dal diavolo, sempre però con la tolleranza e il permesso di Dio. Ma anche quando Dio permette che il diavolo ci combatta, lo fa per cinque ragioni, come insegna san Massimo il Confessore nei suoi "Centurie sulla carità".
La prima ragione è «affinché, combattendo e resistendo, giungiamo a discernere la virtù dal male». La lotta, infatti, ci dona esperienza, così da distinguere il bene dal male, la virtù dal peccato, proprio come un soldato esperto sa riconoscere i campi minati e i terreni sicuri, per evitare i primi e avanzare nei secondi.
La seconda ragione è «affinché, conquistando la virtù attraverso la lotta e la fatica, la possediamo in modo stabile e incrollabile». Tutto ciò che otteniamo con fatica e sacrificio lo apprezziamo di più e ci impegniamo a non perderlo. Allo stesso modo, chi ha acquisito una virtù dopo tante battaglie non vorrà perderla e farà di tutto per conservarla sempre.
La terza ragione è «affinché, progredendo nella virtù, non ci inorgogliscamo, ma impariamo a essere umili». La continua lotta ci mantiene in uno stato di umiltà, impedendoci di diventare superbi per le nostre virtù e conquiste nella vita spirituale.
La quarta ragione è «affinché, sperimentando il male, sviluppiamo un odio perfetto verso di esso». Ciò che continuamente ci tormenta e ci turba, finiamo per detestarlo. E i tentativi del diavolo dovrebbero portarci proprio a questo risultato: odiare il peccato e la sua causa, cioè il diavolo stesso.
Infine, la quinta e ultima ragione è «perché, se rimanessimo senza prove, non dimenticheremmo la nostra debolezza né la potenza di Colui che ci aiuta» (PG 90, 1005). In altre parole, se vivessimo lontani dalla lotta e dalla tentazione, rischieremmo di dimenticare sia la nostra fragilità sia la forza di Dio.
Diventa dunque chiaro che dall’amaro può nascere il dolce e dalla guerra può scaturire la pace. Basta imparare l’arte del combattimento spirituale, per opporre una difesa adeguata alle astuzie del nemico. Una difesa che, naturalmente, non si baserà solo sulle nostre forze, ma sull’aiuto di Dio, perché «la vittoria in guerra non dipende dal numero dei soldati, ma dalla forza che viene dal cielo» (1 Mac. 3,19).
Tratto da: Guerra contro Satana di Cristodulo, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia + , Edizioni Chrysopigi