La nostra Croce e la Croce di Cristo - San Ignazio Brianchaninov

 



  Il Signore disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Matteo 16,24).  

Cosa significa "la sua croce"? Perché questa croce, ossia quella assegnata a ogni persona, viene posta in parallelo con la Croce di Cristo?  

La nostra croce: le sofferenze e le passioni della vita terrena, che per ogni uomo sono proprie.  

La nostra croce: il digiuno, la veglia e le altre pratiche pie con le quali la carne viene umiliata e sottomessa allo spirito. Queste pratiche devono essere proporzionate alle forze di ciascuno e per questo, per ognuno, sono personali.  

La nostra croce: le inclinazioni peccaminose o le passioni che, per ogni uomo, sono proprie. Con alcune di esse nasciamo, con altre ci contaminiamo lungo il cammino della vita.  

La Croce di Cristo è l’insegnamento di Cristo.  

Vana e inutile è la nostra croce, anche se pesante, se non si trasforma nella Croce di Cristo seguendo Cristo.  

La sua croce, per il discepolo di Cristo, è la Croce di Cristo. Per questo, il discepolo di Cristo è assolutamente convinto che Cristo veglia su di lui, che Cristo gli invia le tribolazioni come condizione necessaria e inevitabile dell’identità cristiana, che nessuna tribolazione lo raggiungerà se non è mandata da Cristo, e che attraverso le tribolazioni il cristiano diviene di Cristo, partecipe della Sua eredità sulla terra e —grazie a questo— in cielo!  

La sua croce, per il discepolo di Cristo, diventa la Croce di Cristo. Per questo, il vero discepolo di Cristo considera come unico scopo della sua vita l’adempimento dei comandamenti di Cristo. Questi santissimi comandamenti sono per lui una croce, sulla quale egli crocifigge continuamente l’uomo vecchio con le sue passioni e i suoi desideri.  

Diventa quindi chiaro perché, per prendere la nostra croce, sia necessario preliminarmente rinnegare noi stessi, fino al punto di perdere la nostra «anima».  

Tanto profondamente e saldamente il peccato si è mescolato con la nostra natura caduta, che la Parola di Dio non cessa di chiamarlo «anima» dell’uomo decaduto.  

Per prendere sulle spalle la croce, dobbiamo prima rinnegare il corpo, quanto ai suoi cattivi desideri, e concedergli solo il necessario per il sostentamento. Dobbiamo riconoscere la nostra giustizia come ingiustizia disumana agli occhi di Dio; la nostra ragione come perfetta irrazionalità; e infine, dopo esserci dedicati a Dio con tutta la forza della nostra fede e allo studio e all’applicazione incessante del Vangelo, rinnegare la nostra volontà.  

Colui che ha rinnegato se stesso in questo modo è capace di prendere la sua croce. Con sottomissione a Dio, invocando l’aiuto divino per rafforzare le sue deboli forze, guarda senza timore e senza esitazione alla tribolazione che si avvicina, si prepara con magnanimità e coraggio a sopportarla, sperando che attraverso di essa diverrà partecipe delle sofferenze di Cristo, giungerà a seguire segretamente Cristo non solo con la mente e il cuore, ma con le opere e con tutta la sua vita.  

La croce è pesante finché rimane «la nostra croce». Quando si trasforma in «Croce di Cristo», diventa straordinariamente leggera: «Il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero» (Matteo 11,30), disse il Signore.  

Il discepolo di Cristo prende sulle spalle la croce quando confessa che le tribolazioni inviate dalla Divina Provvidenza gli erano dovute.  

Il discepolo di Cristo porta la sua croce nel modo giusto solo quando ammette che proprio queste tribolazioni, e non altre, inviate da Dio, sono necessarie per la sua formazione in Cristo e per la sua salvezza.  

Portare la propria croce con pazienza,
questo significa che vede correttamente ed è consapevole del suo peccato. In questa consapevolezza non vi è alcun elemento di autoinganno. Colui che ammette di essere peccatore, ma nello stesso tempo si lamenta e grida per la propria croce, dimostra che con una superficiale coscienza del suo peccato sta semplicemente lusingando se stesso e cadendo nell’autoinganno.


Portare con pazienza la propria croce, questo è il vero pentimento.
Mentre sei inchiodato alla croce, confessa al Signore i giudizi della Sua giustizia, anticipa il giudizio di Dio, accusa te stesso, e riceverai il perdono dei tuoi peccati.

Mentre sei inchiodato alla croce, confessa Cristo, e ti si apriranno le porte del paradiso.

Dalla tua croce, glorifica il Signore, allontanando da te ogni pensiero di lamentela e amarezza, considerandoli come crimine e bestemmia.

Dalla tua croce, ringrazia il Signore per il dono inestimabile, per la tua croce, per la grande benedizione, per la grazia di diventare imitatore della passione di Cristo.

Dalla croce, proclama la teologia: La croce è la vera e unica scuola. Il carcere e il trono della vera teologia. Senza la croce non vi è viva conoscenza di Cristo.

Non cercare la perfezione cristiana nelle virtù umane! Non si trova lì! È nascosta nella croce di Cristo!

La "tua croce" si trasforma nella "croce di Cristo" quando il discepolo di Cristo la porta con una reale consapevolezza della propria peccaminosità che merita castigo. Quando la porta con gratitudine verso Cristo, con glorificazione di Cristo. La lode e il ringraziamento donano al sofferente consolazione spirituale. Il ringraziamento e la lode diventano la fonte sovrabbondante di una gioia inaccessibile e pura, che inonda il cuore, si diffonde nell’anima e persino nel corpo.

La Croce di Cristo, solo nella sua forma esteriore, appare agli occhi carnali come un duro strumento. Per il discepolo e seguace di Cristo, invece, è la prova che dona la più grande gioia spirituale possibile. Talmente grande è questa letizia, che la tristezza viene completamente inghiottita dalla gioia, e il seguace di Cristo, nelle prove più dure, sperimenta solo letizia.

La giovane santa Maura diceva al suo sposo Timoteo, che sopportava atroci torture e la invitava a condividere il martirio: «Temo, fratello mio, di perdermi d’animo quando vedrò i terribili supplizi e il governatore infuriarsi; forse a causa della mia giovane età non resisterò e non sopporterò». Le rispose il martire:

«Spera nel Signore nostro Gesù Cristo, e i tormenti diventeranno per te olio che ungerà il tuo corpo, e una brezza fresca che allevierà tutti i tuoi dolori».

La Croce è la forza e la gloria di tutti i santi di ogni tempo.

La Croce è il medico delle passioni, la rovina dei demoni.

Letale è la croce per coloro che non hanno trasformato la "loro croce" nella "croce di Cristo", che quando hanno una croce si lamentano contro la Divina Provvidenza, la bestemmiano, cadono nella disperazione e nello sconforto. I peccatori impenitenti che non vogliono percepire il valore della loro croce, muoiono la morte eterna e si privano, a causa della loro impazienza, della vera vita, la vita con Dio. Per loro, il discendere dalla croce avviene solo per scendere con l’anima nella tomba eterna, nella prigione dell’Ade.

La Croce di Cristo innalza dalla terra il discepolo di Cristo che vi è crocifisso. Il discepolo di Cristo, crocifisso sulla propria croce, pensa alle cose elevate, con la mente e il cuore dimora in cielo e viene reso degno di contemplare i misteri dello Spirito in Cristo Gesù nostro Signore.

«Se qualcuno vuole venire dietro a me —disse il Signore— rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Amen.

Testimonianza Athonita
Pubblicazione trimestrale del Sacro Monastero di Xiropotamo

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